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Carlo Emilio Moncalvo, autoritratto nel teatro di posa della Vesuvio Films, Napoli 1912

 

 

 

Carlo Emilio Moncalvo (1887 - 1935)

 

 

Carlo Emilio Moncalvo (1887-1935) arriva giovanissimo a Torino al seguito di una famiglia della vecchia aristocrazia piemontese. Autodidatta e attratto da qualsiasi novità tecnologica se ne affranca presto, iniziando a interessarsi di fotografia presso l’accreditato atelier di Ferdinando Bietenholz (poi Bietenholz & Bosio), da tempo stabilito a Torino con sede prima in piazza Solferino (palazzo Ceriana), poi – dopo un breve periodo in via Pietro Micca - in corso Oporto. La ditta svolgeva principalmente attività di grossista e rappresentante di marche estere – specie inglesi, ma aveva anche un proprio laboratorio fotografico: è la prima in Italia a introdurre la carta al carbone Illingworth e quella alla gomma bicromatata Höcheimer(1).

 

I primi lavori di Carlo Moncalvo a Torino annotano tra il resto l’Esposizione del 1911 con la costruzione del nuovo ponte monumentale sul Po. L’anno successivo si trasferisce a Napoli, nello stabilimento della Vesuvio Films rilevata da Ferdinando Bietenholz insieme a Edoardo Bosio: personaggio eclettico proveniente da una famiglia di imprenditori svizzeri, Bosio è ricordato principalmente come figura di spicco della società canottieri Armida e come calciatore (aveva fondato nel 1887 il Football & Cricket Club Torino ); con l’impresa napoletana si avvia a una breve e pionieristica attività cinematografica. Attiva fino al 1914, la Vesuvio Films produce oltre una cinquantina di pellicole, anche in società con la S.A. Ambrosio Films di Torino, gran parte delle quali costituite da film "a soggetto" e documentari: nell’Acquario di Napoli, Carlo Moncalvo riprende per Bosio, regista, le suggestive scene a luce artificiale del cortometraggio "La vita negli abissi del mare". Riprese che dovevano costituire allora una novità assoluta e che ebbero un buon successo critico, tanto che il 14 marzo 1914 la Rivista Fono-Cinematografica di Napoli così commentava: "Difficoltà di ogni genere si opponevano alla riproduzione cinematografica degli animali marini, dovute anche alla piccolezza di questi esseri, altre alla loro straordinaria trasparenza, altre alle condizioni speciali della vita negli abissi marini; queste difficoltà si potevano vincere solo possedendo una speciale competenza tecnica ed una tenacia straordinaria”.

 

Rientrato a Torino sul finire del 1914, Moncalvo viene richiamato a Brindisi nel centro aerologico dell’esercito costituito nel 1915 per le operazioni aeree del Basso Adriatico. A lato delle riprese ufficiali, vi realizza una serie di istantanee ottenute con mezzi di fortuna camuffando una vecchia Mürer 9x12 a cassetta con fogli di giornale. Dopo la parentesi bellica riprende l’attività fotografica e nel 1925 rileva le attrezzature della ditta Bietenholz & Bosio (divenuta nel frattempo Ed. Bosio) per aprire un proprio Atelier di Fotografia Artistica e Industriale: Bosio si era in quell’anno ritirato a Davos, dove morirà nel 1927. Tra il 1928 e il 1929, Carlo Moncalvo attrezza – primo a Torino - il nuovo laboratorio per lo sviluppo, l’ingrandimento e la stampa del 35 millimetri(2). Rimasto di suo fedele al grande formato – contrariamente all’amico e coetaneo Stefano Bricarelli, convinto assertore del Leica – Moncalvo prosegue nel nuovo atelier l’attività di vendita di apparecchi fotografici, di sviluppo e stampa per i clienti e di reportages di interni industriali e pubblici che erano state proprie della Ed. Bosio. Sono sue le riprese della Mole Antonelliana, realizzate per il Comune di Torino prima dell’inserimento dei rinforzi in calcestruzzo armato; l’ultimo servizio documenta lo Stadio Comunale con la torre Maratona da poco ultimata. Dopo il 1935, l’attività del laboratorio viene proseguita con successo dal figlio Riccardo (1915- 2008) fino alla metà degli anni Ottanta.

 

E.M.                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                  1.Vedi per questo S. BRICARELLI, Storia di un Laboratorio, “Il Corriere Fotografico”, n. 44, 1956, p.37

2.Ibidem, p.39 

 

                                                               

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